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NATURA

La Riserva Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco si estende, per 997 ettari, tra la valle del fiume Tevere e i Monti Cornicolani, con andamento prevalentemente collinare, con vaste aree destinate a pascolo e uso agricolo. L'area è tutelata sia per il valore botanico dei suoi frammenti forestali che per l'intenso carsismo che si manifesta con grotte, inghiottitoi, "sventatori", doline. Fra queste ultime spicca il Pozzo del Merro, dolina di crollo tra le più profonde del mondo (circa 80 mt dal piano campagna e ulteriormente esplorato fino ad una profondità di 392 mt), che si caratterizza per le pareti ricoperte di fitta vegetazione e per la presenza di un lago sul fondo. La Riserva, in cui si estendono gli oliveti da cui si ricava il pregiato olio della Sabina, è sede di aziende agricole private, aziende e istituti sperimentali di tutela ministeriale (zootecnia, fitopatologia, zoologia sperimentale), nonché dell'Università Agraria di Castel Chiodato. Il paesaggio della riserva è frammentato sia in relazione alle condizioni naturali che all'azione dell'uomo. Intenso è il pascolo bovino e ovino.

Storia e Archeologia della R.N. Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco

Il territorio all'interno del quale si estende la Riserva sin dall'antichità ha avuto un valore strategico rispetto alle diverse direttrici di collegamento dislocate nella zona. Già prima della conquista romana si caratterizzava come "terra di frontiera" fra Latini, Sabini e Capenati per la sua particolare posizione geografica confinate a nord con il centro di Eretum, a Est con l'agro tiburtino, a Ovest con il Tevere e a Sud con l'antica città di Nomentum. Altro elemento importante era costituito dalla via Nomentana, importante asse viario che collegava Roma con la Sabina e che permetteva di raggiungere anche la via Tiburtina e la via Salaria tramite alcune diramazioni. Le presenze archeologiche individuate sono rappresentate da resti di ville rustiche e patrizie di età repubblicana ed imperiale, cunicoli per l'incanalamento delle acque, cisterne e tratti di strade, come il basolato recentemente portato alla luce durante i lavori di costruzione della bretella autostradale Fiano - S.Cesareo che probabilmente apparteneva al tratto della via Nomentana di collegamento tra gli antichi centri sabini di Eretum e Nomentum.

Tali ritrovamenti testimoniano un popolamento capillare del territorio ed un'intensa attività agricola che ha connotato la zona anche nelle epoche successive. I ruderi che si possono ammirare in località Grotta Marozza appartenevano alla cinta muraria ed alla torre difensiva di un vero e proprio castello fortificato risalente al XIII secolo, di proprietà della famiglia romana dei Capocchi, con evidenti funzioni difensive lungo la strada che collega Mentana con Montelibretti, detta via Reatina. L'insediamento originario risale al 945 ed alla baronessa romana Marozia II, che vi costruì la sua rocca. Nel XIV secolo, durante il dominio dei Colonna, la fortificazione assunse maggior importanza raggiungendo il numero di quattrocento abitanti ed includendo nel suo perimetro anche un edificio religioso. Poco dopo il luogo fu progressivamente abbandonato e soggetto ad inesorabile degrado. All'interno della Riserva è facile incontrare sul terreno i resti di "calcare" e "carbonare", in uso fino a 50-60 anni fa per la produzione rispettivamente di calce e carbone di legna, sfruttando le risorse naturali della zona.

Fauna della R.N. Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco

La fauna, ricchissima fino ad un secolo fa (erano presenti cinghiali e cervi), è oggi alquanto depauperato ma l'area rappresenta ancora l'habitat ideale per molti animali. Tra i mammiferi sono presenti la volpe (Vulpes vulpes) ed il tasso (Meles meles),tra i piccoli carnivori, la faina (Martes foina), la donnola (Mustela nivalis) e la martora (Martes martes). Si ipotizza ancora la presenza del gatto selvatico (Felis silvestris) e dell'istrice(Hystrix cristata).

L'avifauna forestale, studiata recentemente grazie a metodi di censimento quali-quantitativo, comprende piciformi (picchio verde Picus virdis, picchio rosso maggiore Picoides mayor, Torcicollo Jynx torquilla), cuculiformi (cuculo Cuculus canorus), la ghiandaia Garrulus glandarius e molte altre piccole specie di uccelli passeriformi (fringuelli Fringilla coelebs, verdoni Cardulis chloris, cardellini Cardulis carduelis, usignoli Luscinia megarhynchos,merli Turdus merula, scriccioli Troglodytes troglodytes).

Recenti indagini naturalistiche hanno appurato come alcune specie forestali (ghiandaia e piciformi) siano nell'area cornicolana localizzate solo alle aree forestali frammentate di maggiori dimensioni. La protezione di queste popolazioni isolate è quindi di interesse prioritario. Nelle aree agricole, tra oliveti e seminativi, è possibile osservare l'upupa (Upupa epops), il tordo bottaccio (Turdus philomelos), il saltimpalo (Saxicolata torquata) oltre a specie di margine e di macchia mediterranea (Cornacchia grigia Corpus corone cornix, occhiocotto Sylvia melanocephala). Recentemente sono stati avvistati Gruccioni (Merops apiaster), specie legata a pareti sabbioidi, non precedentemente rilevata per l'area. Tra i grandi rapaci notturni ricordiamo la civetta (Athene noctua), l'allocco (Strix aluco), l'assiolo (Otus scops), migratore, il barbagianni (Tyto alba). Quest'ultima specie è di grande interesse metodologico: la sua presenza consente di ricavare utili informazioni sulla fauna di micromammiferi da questa specie predati, rendendo così possibile il monitoraggio delle presenze, delle strutture e dinamiche delle popolazioni di insettivori e roditori. Il rapporto tra le specie predate appartenenti a questi gruppi sistematici consente di individuare a priori situazioni di stress ambientali dovute ad antropizzazione. Tra i falchi diurni risultano presenti la poiana (Buteo buteo) e il gheppio (Falco tinnunculus), entrambi sedentari, che nidifica nei ruderi. Risultano inoltre presenti la beccaccia (Scolopax rusticola) come svernante. I rettili del bosco di Gattaceca sono rappresentati dalla tartaruga terrestre (Testudo hermanni), la cui presenza riportata da guide sull'area richiede conferma, dal geco (Tarentola mauritanica), dall'orbettino (Anguis fragilis). Ovunque diffusi lacertidi quali Podarcis muralis, Podarcis sicula, Lacerta viridis. Gli invertebrati sono ancora scarsamente conosciuti. Tra gli insetti merita particolare attenzione il cerambicide Pronus coriaceus tipico degli ambienti freschi.

Flora della R.N. Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco

Il paesaggio della riserva è frammentato in relazione alle condizioni naturali e all'azione dell'uomo, infatti è intenso il pascolo bovino ed ovino e circa la metà del territorio è coltivato prevalentemente a oliveti e foraggiere.

Le aree più vicine alla vegetazione potenziale sono invece coperte da cerrete o da boscaglie termofile localizzate in aree a maggiore drenaggio.

La formazione forestale più estesa nei vari frammenti boschivi (Macchia di Gattaceca, Macchia del Barco, Bosco Nardi) è un querceto caducifoglio, in gran parte governato a ceduo, dominato dal cerro (Quercus cerris), localmente accompagnato dal farnetto ( Quercus frainetto), che in rari siti assume carattere dominante. Negli strati inferiori la copertura prevalente è assunta dal carpino orientale (Carpinus orientalis), accompagnato da acero oppio (Acer campestre), ornello (Fraxinus ornus), ciavardello (Sorbus terminalisbiancospino (Craategus oxycantha), corniolo (Cornus mas), ligustro (Ligustrum vulgare), prugnolo (Prunus spinosa), melo selvatico (Malus syilvestris), e, raramente, sorbo comune (Sorbus domestica) e nespolo (Mespilus germanica). Lo strato erbaceo è largamente invaso dal pungitopo (Ruscus aculeatus), mentre partecipano alle fioriture più vistose anemoni (Anemone apennina e Anemone hortensis), ciclamini (Cyclamen hederifolium e Cyclamen repandum) e zafferanetti (Romulea bulbocodium).

In prossimità degli impluvi e dei fossi il cerro è accompagnato dalla farnia (Quercus robur), localmente codominante, dall'acero d'Ungheria (Acer obtusatum), dal nocciolo (Corylis avellana), dal sambuco (Sambucus nigra) e dal carpino nero (Ostrya carpinifolia), mentre solo in rari tratti perennemente inondati la vegetazione del fosso è dominata da specie nettamente igrofile come il salice (Salix alba). Nelle aree sottoposte a maggiore drenaggio (aree sommitali o sovrastanti le cavità carsiche, i versanti acclivi), oppure in quelle più drasticamente disboscate, con maggiore insolazione, la vegetazione si modifica in senso termofilo, e aumenta la percentuale di specie mediterranee: il cerro diminuisce la sua copertura ed è sostituito da roverella (Quercus pubescens), albero di Giuda (Cercis siliquastrum), orniello (Fraxinus ornus), terebinto (Pistacia terebinthus), leccio (Quercus ilex), fillirea (Pyillirea latifoglia), lentisco (Pistacia lentiscus), viburno (Viburnum tinus). Ad accrescere l'interesse floristico della zona vi è la presenza di tre specie protette in base all'attuale legislazione regionale: lo storace (Styrax officinalis) presente in Italia soltanto nella regione tiburtino-lucretili-cornicolani, Biarum tenuifolium e Linaria purpurea grazioso endemismo appenninico. In alcune zone della Riserva, come a Bosco Nardi, si possono ammirare orchidee in quantità veramente eccezionali, tra cui la poco comune Ophrys tyrrhena e i rarissimi ibridi Ophrys apifera x Ophrys holoserica e Ophrys holoserica x Ophrys tenthredinifera.

Geologia della R.N. Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco

Il territorio della Riserva si connota quale regione di basse colline, con versanti dolcemente acclivi, di natura carbonatica. Localmente affiorano anche sabbie e argille derivanti dai sedimenti deposti dal mare, che nel Pliocene colmò le valli interposte tra i massicci calcarei. Nella parte occidentale dell'area si possono osservare tufi derivanti dall'attività del vulcano Sabatino, risalente a più di 600.000 anni fa. Le formazioni calcaree presenti in tutta l'area dei Monti Cornicolani danno origine a diffusi fenomeni di erosione carsica, che si manifestano attraverso sprofondamenti carsici (sinkholes), doline, grotte e campi carreggiati.
All'interno della Riserva si localizzano alcune di queste manifestazioni come il Pozzo del Merro, la Buca di San Francesco e le doline di Bosco Nardi-Grotte Cerqueta, probabilmente originatesi da fenomeni di crollo della volta di cavità sotterranee preesistenti, facilitati dall'erosione delle acque piovane. L'attività carsica è un processo in continua evoluzione che riesce a modificare in maniera dinamica e in modo repentino la morfologia superficiale del territorio.

Di eccezionale e di altissimo interesse per geologi e idrogeologi, il Pozzo del Merro è una delle voragini carsiche allagate più profonde del pianeta, praticamente inesplorata prima della ricerca effettuata nel 1999-2000 dall'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" con la collaborazione del Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco. L'andamento della cavità è tipicamente imbutiforme, con un diametro in superficie di circa 150 metri che si restringe in profondità fino a 5-6 metri. A circa 70 metri di profondità dalla superficie la falda acquifera sotterranea affiora formando un piccolo lago, la cui esplorazione subacquea con un sofisticato robot ha portato finora ad accertare l'ulteriore profondità della voragine a 392 metri, senza tuttavia trovarne il fondo. E' bene sottolineare la delicatezza dell'ecosistema del Pozzo del Merro e il rischio legato alla sua esplorazione per i numerosi fenomeni di crollo delle pareti verticali della parte emersa. A salvaguardia dell'incolumità pubblica, il comune di Sant'Angelo Romano ha emesso nel 2000 un'Ordinanza di assoluto divieto di ingresso nell'area del pozzo.

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