Secondo una tradizione che i vecchi ricordano bene, a Monterotondo, la notte di S. Giovanni, ricordata anche come "La Notte delle Streghe" si mangiano le lumache, cucinate sapientemente in bianco ed in umido, consumate tutti insieme tra una risata, una battuta e un ballo in piazza. Per una sera, in una coralità di intenti, intesa a rompere isolamento e differenze sociali, gli abitanti del paese, si ritrovano in piazze appositamente addobbate con elementi che richiamano la lumaca, in tutte le dimensione e in tutti i colori.
La Ciummacata, nelle passate edizioni, ha visto protagoniste numerose piazze che hanno festeggiato fino a tarda notte S. Giovanni. Ne ricordiamo molto volentieri qualcuna scusandoci anticipatamente, con quelle che dimenticheremo, ma a loro vorremo dedicare di cuore alcuni versi di una vecchia canzone romana dedicata alla "Notte delle Streghe" :
"Belle, che annate per li sette sonni,
Svejateve, stanotte è S. Giovanni,
è notte de incantesimi, e notte de maggia,
le streghe, in groppa ai diavoli,
volano in compagnia".
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Gli antichi romani furono indiscutibilmente ottimi buongustai ed alle lumache riservarono dei loro ricchi banchetti un posto d'onore. Questa nostra affermazione è corroborata dalla testimonianza dagli splendidi vivai o parchi di Varrone e da Plinio. Varrone, infatti, ne suoi "Cochlearia" (così venivano chiamati), dedicava la massima accortezza; e le lumache, custodite in luoghi ombrosi e umidi circondati da fossi e muri, venivano rifornite e nutrite da insetti, vermi, foglie grasse e succose e vino generoso, perché diventassero grasse e panciute e di ottimo sapore. L'inventore della "Cochleariae" è dalla storia indicato in Fulvius Hispinus che dedicò in questo genere di coltura le sue massime attenzioni.
Le lumache erano di varie specie: illiriche, siciliane, liguri, delle Isole Baleari, ma soprattutto quelle di Capri (luogo di soggiorno di Tiberio) che erano le più ricercate dalla nobiltà di allora.
Generalmente di cucinavano nella seguente maniera: si costringevano ad uscire dal loro guscio e, gettate in acqua bollente, venivano purificate con cenere setacciata e quindi cotte in latra acqua; poi, rimesse nel guscio, venivano servite con aceto e limone oppure insaporite con pomodoro, droghe ed alloro.
Anche in "farmacia" e nella medicina troviamo la presenza delle lumache. In altri tempi, ai tubercolotici, veniva somministrato il brodo di chiocciole, ovvero somministrate vive, con zucchero, come frutti di mare.
Per le chiocciole però un periodo di spurgo è sempre stato ritenuto necessario. Come ideale, per lo spurgo, è stato sempre ritenuto il digiuno da quindici giorni fino a tre settimane.
Le lumache, si può dire, che portano la casa con se, in quanto che quando vogliono a lungo riposarsi o passare il loro letargo invernale, secernono una gelatina molto spessa e possono liberamente deambulare dentro il loro guscio o casa.
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